Il chimichurri … e quello de noartri

Dici Chimichurri e pensi subito all’Argentina; beh del resto questa è la salsa che si trova sempre disponibile in una ciotolina, di fianco ad un bel pezzo di ciccia nella terra dell’asado. Cosi come succede anche in Chile, Nicaragua, Messico con piccole varianti.

In effetti il chimichurri è un po’ come la terra a cui l’associamo: una mézcla, un mix, non solo di sapori, ma anche di ricette e di origini. Tra fine dell‘800 e per gran parte del ‘900 l’Argentina è stata terra d’emigrazione e – indovinate un po’?! – la maggior parte degli emigranti erano italiani, che si mescolarono ai fondatori spagnoli e agli inglesi che, con queste terre, facevano grandi affari.

Ma andiamo per ordine: il nome innanzitutto! Pare che chimichurri sia la storpiatura sudamericana del nome di colui che l’avrebbe inventata, tale Jim Mc Curry, per alcuni, un soldato irlandese al seguito dell’esercito indipendentista argentino, per altri, un commerciante di carni inglese che lavorava molto con i gauchos. Nome a sua volta stravolto in ognuna delle nazioni in cui, questa salsa si consuma, ma non divaghiamo.

Gli ingredienti: quelli di base sono solo quattro! Olio, prezzemolo, sale, aglio: quasi un pesto di prezzemolo. Poi da qui si potrebbe dire che ogni hacienda della pampa argentina possegga la sua personalissima ricetta che può includere anche peperone, cipollotto, aceto e, nella versione fuerte, anche peperoncino in dosi più o meno massive.

Alcuni accorgimenti: il chimichurri andrebbe preparato tritando tutto al coltello, senza servirsi di frullatore; se proprio non potete farne a meno, usate un cutter al posto del frullatore, procedendo a impulsi, in modo da non far riscaldare troppo il composto (quelli bravi mettono le lame in freezer). La salsa deve riposare nel frigo almeno 24h per amalgamare tutti i profumi e i sapori dei diversi ingredienti. Se potete, conservatela sottovuoto: questo ritarderà l’inevitabile ossidazione che consegue alla triturazione delle foglie, oltre ad allungarne il tempo di conservazione. Un altro trucchetto consiste nell’aggiungere un po’ di acqua minerale, durante la lavorazione: l’anidride carbonica contenuta rallenterà l’ossidazione.

E veniamo al chimichurri de noartri: impossibile non effettuare una variazione della salsa in chiave romanesca. Abbiamo aggiunto qualche ingrediente tra i più utilizzati nella cucina romanesca: il sedano, i friggitelli e le puntarelle, oltre ad un po’ d’aceto.

Tritare al coltello le foglie di un bel mazzo di prezzemolo e riporlo in una ciotola cui aggiungerete olio d’oliva. Tritare sempre al coltello un paio di cipollotti piccini, due friggitelli a cui avrete tolto semi e picciolo, un paio di costine di sedano interne (quelle tenere e quasi bianche) ed una manciata di puntarelle, che doneranno un gusto decisamente amarognolo. Versare tutto nella ciotola con l’olio e il prezzemolo, aggiungndovi uno spicchio d’aglio ridotto in purea con l’apposito attrezzo. A questo punto regolare di sale, pepe e aggiungere l’aceto di mele, assaggiando per assicurarsi si aver raggiunto il proprio “grado” di acidità. A chi piace fuerte può aggiungere il peperoncino piccante tritato prima di lasciar riposare almeno una notte in frigo, con la pellicola a contatto con la salsa.

Ultimo consiglio: provatelo anche su un calamaro o sul pesce spada alla griglia!